La solidità della ricerca

La ricerca sulle piante medicinali ha avuto una notevole accelerazione negli ultimi anni – dal 2010 a oggi le pubblicazioni si sono addirittura triplicate – e sono diverse migliaia gli studi su Pubmed. Un grande risultato, anche se prevalgono le ricerche di laboratorio e i trial clinici pubblicati non sempre hanno ampie dimensioni, con la conseguenza che la valutazione degli effetti – di una pianta, estratto o prodotto – può essere poco precisa e gli esiti dei singoli studi sono a volte contrastanti.

La ricerca delle evidenze scientifiche è d’altra parte fondamentale per dare solidità alla fitoterapia e per far sì che i preparati di origine vegetale diventino una risorsa importante per la salute, anche attraverso l’integrazione nell’assistenza sanitaria.

Il dibattito a tale proposito è vivace e non univoco. Gli esperti dell’American Botanical Council (ABC) statunitense sulla rivista Herbal Gram, ad esempio, ritengono che l’efficacia di una pianta o di un fito-estratto debba essere testata sul prodotto specifico, fornendo nel protocollo di ricerca tutti i dettagli (standardizzazione, concentrazione ecc.), non sempre riscontrabili nella letteratura internazionale.

Ciò in considerazione della estrema variabilità del materiale vegetale, che emerge anche da dati pubblicati: una revisione del 2019 su 11 prodotti a base di curcuma, ad esempio, mostrava un grado di variabilità fino a 100 volte nella biodisponibilità della curcumina. E sempre Herbal Gram cita, a tale proposito, uno studio tedesco su più lotti di 8 diversi prodotti a base di iperico che, di nuovo, presentavano concentrazioni assai variabili di ipericina e iperforina, in quest’ultimo caso anche tra lotti della stessa marca, con inevitabili ripercussioni sugli effetti biologici del prodotto.

Venendo in Italia, un più recente studio di ricercatori italiani ha anch’esso rilevato una notevole variabilità nella concentrazione dei princìpi attivi in 19 micoterapici presi in esame, a conferma dell’esistenza del problema.

Se questo è vero, oggi il primo obiettivo deve essere a mio avviso sì lo sviluppo della ricerca sulle piante officinali con studi sempre più rigorosi, precisi ed efficienti, senza però trascurare le possibilità che derivano dalle ricerche real life, dagli studi volti a esplorare l’azione complessiva di una pianta – il suo fitocomplesso – nonché dalla rivalutazione dei dati tradizionali.

La stessa OMS, in alcuni suoi documenti, ha rimarcato infatti come la lunga storia di uso delle piante medicinali nel mondo porti “importanti informazioni circa gli effetti farmacologici sull’uomo” riconoscendo, quindi, la valutabilità anche dei dati storici ed etnobotanici.

Ricercare, ricercare, ricercare dunque per dare un riconoscimento sempre maggiore ai preparati a base di erbe, per consolidarne l’impiego e indirizzarne l’azione in maniera sempre più efficace e personalizzata.