L’etnoveterinaria e l’utilizzo di erbe per la salute animale è una pratica tradizionale consolidata, che trova sempre più riscontro anche nella letteratura scientifica.
Le manifestazioni di “autocura” tra gli animali – ad esempio, oranghi e altri primati in Asia e Africa che si strofinano il corpo con succhi di piante medicinali per ridurre i dolori o ingeriscono erbe specifiche contro le parassitosi – sono piuttosto frequenti, ma restano difficili da documentare a causa della loro estrema imprevedibilità.
Per questo assume tratti straordinari quanto riportato in un recente articolo di Scientific Reports (Laumer et al. 2024), rivista collegata al prestigioso Nature, con cui i biologi dell’Istituto tedesco per il comportamento animale Max Planck e dell’Universitas Nasional indonesiana hanno documentato il caso di un maschio di orango di Sumatra che si è trattato in “autocura” una ferita importante sul viso con una liana locale.
Lo studio, condotto da Isabelle Laumer e Caroline Schuppli, si è svolto presso il sito di ricerca del parco nazionale di Gunung Leuser nella parte settentrionale di Sumatra (Indonesia), in un’area protetta della foresta pluviale che ospita circa 150 oranghi in grave pericolo di estinzione. La documentazione, una sorta di case report, riferisce che l’orango Rakus 3 giorni dopo l’incidente ha raccolto le foglie di una liana nota nell’arcipelago come Akar Kuning (Fibraurea tinctoria) e, dopo averle masticate, ne ha applicato ripetutamente il succo sulla ferita facciale, ricoprendola da ultimo completamente con le foglie stesse.
È stata un’operazione minuziosa che ha richiesto diversi minuti per essere completata, ripetuta più volte anche nei giorni seguenti con esiti assai positivi: infatti, la ferita non soltanto non si è infettata, ma si è completamente rimarginata nell’arco di pochi giorni.
Presente nelle foreste tropicali del sud-est asiatico, la liana Fibraurea tinctoria è nota per i suoi effetti analgesici, antipiretici e diuretici ed è utilizzata in medicina tradizionale per trattare diverse condizioni di salute.
Studi di laboratorio hanno chiarito che tra i suoi componenti ci sono furanoditerpenoidi e alcaloidi come la protoberberina, dei quali sono note le attività antibatteriche, antinfiammatorie, antifungine, antiossidanti e favorenti la rimarginazione delle ferite. Inoltre, poiché appare chiaro che Rakus abbia curato intenzionalmente la ferita, l’ipotesi avanzata dai ricercatori è che il suo comportamento abbia avuto origine in una pratica comune condivisa da umani e primati.
Si tratta, in ogni caso, di una testimonianza straordinaria che ha documentato – per la prima volta in modo sistematico con gli strumenti del report scientifico – il trattamento di una ferita con una specie vegetale contenente fitosostanze attive da parte di un animale.
Un caso che al di là della inevitabile “spettacolarizzazione” mediatica conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quanto siano forti e interconnesse le relazioni tra noi umani e le altre specie viventi, come magistralmente sintetizza la visione “One Health”.