Tradizione e scienza moderna, what else?

Dell’importanza di creare sinergie tra tradizione erboristica e scienza abbiamo già parlato. E non è un caso che sulla nostra rivista siano presenti puntuali aggiornamenti della letteratura scientifica internazionale sulle piante medicinali insieme ad articoli dedicati al sapere erboristico tradizionale. Siamo, infatti, convinti che da questo connubio possa scaturire la forza per garantire continuità e sviluppo a un settore che, nel nostro Paese forse più che altrove, ha scritto pagine di storia straordinarie.

Una storia che parte dai giardini dei Semplici della medicina monastica medievale e che, passando per il Mattioli e altri grandi erboristi e ‘speziali’, è approdata all’oggi, in uno scenario strutturalmente diverso, contraddistinto da chiari e scuri, potenzialità e problemi dai quali occorre partire per disegnare il futuro.

La banca dati internazionale PUBMED raccoglie sull’argomento piante medicinali oltre 100.000 pubblicazioni scientifiche, sia cliniche sia sperimentali, di cui circa la metà risalenti agli ultimi 10 anni, come hanno documentato i ricercatori spagnoli dell’Università di Almeria nell’articolo “Worldwide Research Trends on Medicinal Plants”. Sono Cina, India e Iran a trainare la ricerca in un settore che ha tra le piante più studiate l’artemisia, l’aloe, il ginseng, il melograno e Andrographis paniculata, mentre i campi maggiormente indagati risultano l’attività antibatterica, antimicotica, antiossidante e antitumorale.

La tecnologia e le tecniche moderne sono in questo contesto uno strumento per monitorare efficacia e qualità della formulazione tradizionale, scoprirne il meccanismo d’azione ed esplorarne le eventuali controindicazioni.

Questo trend di sviluppo della ricerca è anche la cartina di tornasole di un maggiore impegno e interesse delle aziende farmaceutiche verso le piante medicinali come fonte per lo sviluppo di nuovi farmaci e nuovi preparati per la salute.

C’è chi ritiene che l’approccio tradizionale sia di per sé virtuoso e in quanto tale debba restare così com’è, l’approccio transculturale e transdisciplinare sostiene che le scienze siano soltanto una conoscenza tra le altre e che l’informazione abbia sempre una radice culturale, mentre quello sincretico, inteso come fusione di due sistemi per formarne uno nuovo, guarda molto positivamente alla collaborazione e alla complementarietà tra conoscenza tradizionale e scienza moderna, nel rispetto delle relative prerogative.

Un esempio virtuoso di questa sinergia si riscontra, ad esempio, negli studi sulle proprietà antimalariche di Artemisia annua della farmacologa cinese Tu Youyou, Premio Nobel per la Medicina nel 2015, che ha tratto spunto e ispirazione da un antico testo di medicina cinese del IV secolo, il Manuale di Prescrizioni per le Emergenze.  Così come lo sono i numerosi studi, anche clinici, che non solo hanno confermato le proprietà attribuite a piante tradizionali – come il cisto, l’iperico, il sambuco, il cardo mariano, il biancospino per la nostra area oppure la withania, la curcuma, la bacopa di altre culture – ma segnalano anche nuove possibili applicazioni facendo emergere proprietà estranee alla tradizione stessa, quindi arricchendola.

La ricerca scientifica costituisce, dunque, un alleato dell’erboristeria. Penso naturalmente a una ricerca aperta a più modalità – dall’indagine etnobotanica ai trial clinici – non focalizzata come spesso accade soltanto sulle singole molecole vegetali, ma sul fitocomplesso della pianta e non appiattita a una visione rigida dell’Evidence Based Medicine. Una ricerca che si avvale di più strumenti e tra questi anche gli studi cosiddetti real life che valutano l’efficacia di un intervento, o di un preparato, non in condizioni pre-specificate e astratte, ma nelle normali condizioni d’uso.

In una prospettiva che guarda al sapere sulle piante medicinali come la risultante di tradizione e innovazione, di scienza e arte della cura, dunque come un settore in costante sviluppo, che impiega, oggi, ricerche moderne e avanzate nell’ambito tanto sperimentale quanto clinico, senza dimenticare l’apporto di conoscenze provenienti dalle tradizioni dell’intero pianeta.