Nuovi scenari: l’erborista in ospedale

Il passaggio successivo è stato entrare a far parte del team del Centro di fitoterapia …

Sì, sto facendo uno stage post-laurea e seguo attività che spaziano in più direzioni. Il progetto al centro della mia tesi è diventato una realtà che si attua con incontri settimanali cui partecipano sia i pazienti dell’ospedale sia i loro familiari. Nel corso degli incontri portiamo avanti essenzialmente un lavoro di informazione, spieghiamo che cos’è una tisana, come si prepara e quali sono i dosaggi consigliati, evidenziandone proprietà ed efficacia in un’ampia gamma di disturbi di piccola entità. È un tema particolarmente avvertito dalla popolazione locale, come dimostra anche una recente ricerca statistica realizzata dall’Agenzia regionale di Sanità toscana secondo cui una parte importante dei residenti in questa Regione, oltre il 20% del campione esaminato, utilizza le erbe e si rivolge soprattutto all’erboristeria.

Quali sono gli altri tasselli del progetto al quale sta collaborando?

Il progetto si può sinteticamente riassumere in queste azioni: educare, informare, ascoltare, ricercare e collaborare. La prima finalità, quindi, è di tipo educativo e si concretizza negli incontri pubblici già citati con i pazienti e i loro familiari. Con strumenti molto semplici, si porta avanti un’attività educativa, diretta sui pazienti e indiretta sui familiari. Educare non solo a saper impiegare le erbe, ma anche a rispettarle. Un’altra parte del progetto si rivolge in maniera specifica agli operatori di questa struttura per verificarne il livello di informazioni sulle piante officinali. Sfruttando la tecnologia informatica, è stato approntato un sistema di ricerca su abitudini e conoscenze dei prodotti naturali del personale, con cui cerchiamo di capire se e in quali contesti utilizzano le piante officinali e di quali informazioni dispongono. Una volta valutati i risultati – attualmente siamo nella fase di somministrazione del questionario – verranno organizzati corsi di formazione mirati. Si tratta in sostanza di collaborare per fornire una “consulenza erboristica” all’infermiere, al medico ecc., quando ad esempio si trovano di fronte a una persona che utilizza prodotti erboristici. Inoltre, poiché in tutte le nuove strutture ospedaliere è previsto uno spazio “Tisaneria”, l’obiettivo è che i degenti possano ricevere non soltanto il tè e la camomilla abitualmente somministrati, ma anche le tisane. La mia tesi tracciava questo tipo di percorso, uno studio delle varie tipologie di tisana con l’idea che le si possa somministrare anche nei reparti ospedalieri, naturalmente come complemento ai diversi trattamenti e in collaborazione con il medico.

Quali sono a suo avviso i criteri fondamentali per un corretto utilizzo del prodotto erboristico?

C’è un rinnovato interesse verso le erbe e questo è molto positivo. Come in ogni fenomeno, c’è l’altra faccia della medaglia che, in questo caso, è rappresentata dal banalizzare questo interesse per il naturale in una moda e dal rischio che le erbe vengano utilizzate in maniera impropria. Un buon consiglio nasce innanzitutto da un’adeguata formazione, da una conoscenza il più possibile completa delle proprietà salutistiche delle piante, ma anche degli effetti collaterali, delle interazioni con alimenti e farmaci e, ovviamente, delle sinergie positive che le piante attivano in alcuni casi. Evidenziando sempre il valore aggiunto che deriva dall’impiego del prodotto di origine vegetale al posto del farmaco. In questo campo la differenza è data dalla preparazione di chi gestisce l’erboristeria. L’assenza di norme specifiche per il settore erboristico, che si aspettano da anni, è indubbiamente un limite e contribuisce a creare una certa confusione. A me piace pensare alla possibilità che si possa creare in futuro un albo degli erboristi, che si riconosca questa professione e il titolo di studio che molti hanno conseguito.  Questo consentirebbe anche di applicare le nostre conoscenze e competenze in più settori.
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