Nuovi scenari: l’erborista in ospedale

Per molti laureati in Tecniche erboristiche l’approdo più naturale alla fine di un corso di laurea che trova la sua ragione d’essere e il suo centro nelle piante officinali è avviare un’erboristeria oppure trovare impiego presso un’officina di produzione. Per i tecnici erboristi laureati, però, la gamma delle opportunità occupazionali è più ampia ed esistono, almeno sulla carta, altre posizioni lavorative, certamente meno frequenti delle due appena citate, ma che ogni tanto diventano reali. Lo dimostra l’esperienza di Francesca Mantoan: laureatasi in Scienze Erboristiche all’Università di Padova nel dicembre 2011, dopo aver svolto il tirocinio presso l’Azienda universitario-ospedaliera (AOU) fiorentina di Careggi, fa parte ora dello staff del Centro di riferimento regionale per la Fitoterapia che la Toscana ha trasferito di recente in quella sede. L’abbiamo incontrata nel suo ufficio a Firenze e abbiamo raccolto con piacere il suo racconto.

 

Che cosa l’ha spinta a iscriversi al corso di laurea in Scienze erboristiche?

Ci sono arrivata per tappe. Dopo la maturità, infatti, mi sono iscritta alla facoltà di Geologia di Padova. L’ho fatto spinta dal grande amore per la montagna dove i miei genitori, appassionati raccoglitori anche di piante officinali e aromatiche, mi hanno sempre portato sin da bambina. Il mio entusiasmo, però, si è presto spento; dopo il primo anno di università ho capito, infatti, che non era la strada per esprimere quella mia passione e ho deciso di passare al corso di Scienze Erboristiche, sempre a Padova. In quella facoltà mi sono laureata, relatrice la professoressa Rosy Caniato, discutendo una tesi sull’uso delle tisane. All’origine di tutto c’è dunque la passione per la natura e per le piante, cui si è aggiunto l’interesse per la ricerca scientifica che si è andato rafforzando con il tempo.

Come valuta gli studi universitari che ha seguito? Forniscono una base di competenze sufficiente per chi voglia lavorare nel settore delle piante officinali?

Il corso di laurea mi è parso utile e ben organizzato. Posso dire che sono stata sorpresa in positivo, in particolare dall’ampiezza e dalla varietà delle materie che ho avuto modo di studiare. Nell’arco di tre anni siamo riusciti ad approfondire la maggior parte delle tematiche correlate alle piante officinali, ricavandone una conoscenza a 360°: botanica, riconoscimento delle droghe con saggi e dosaggi, analisi quali-quantitativa, allestimento di vari fitopreparati, aspetti della coltivazione ma anche legislativi, sia nazionali sia comunitari. Ho apprezzato in modo particolare, fra gli argomenti affrontati, la botanica farmaceutica e la farmacognosia, quest’ultima per il suo legame con la sfera terapeutica.

Non ha pensato di aprire una sua erboristeria?

Ho avuto quest’opportunità e, come può capire, l’ho colta al volo. Avevo lavorato in questa realtà e l’idea di poter continuare a dare il mio contributo mi è sembrata un’occasione da non perdere. Non escludo, magari fra qualche anno, di avviare un’erboristeria, ma adesso sto cercando qualcosa di diverso e vorrei completare questo percorso.

Nella sua tesi lei si è occupata di tisane: com’è nata quest’idea?

Durante un seminario tenutosi presso la mia facoltà, ho avuto modo di conoscere le attività che venivano allora realizzate dal Centro regionale toscano di fitoterapia di Empoli. Una struttura innovativa in cui la figura dell’erborista era già coinvolta in alcuni progetti di indagine epidemiologica e ricerca scientifica. Così ho chiesto di svolgere il tirocinio pre-laurea qui a Careggi, dove nel frattempo è stato trasferito il Centro regionale di fitoterapia. La mia tesi consiste in uno studio delle tisane, analizzate sotto il profilo della tradizione popolare ma anche della ricerca scientifica. L’obiettivo finale era realizzare un opuscolo informativo che servisse anche a orientare i cittadini verso un uso corretto delle piante officinali, in particolare delle tisane.
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