Sono berberina, finocchio e acido idrossicitrico da Garcinia le tre nuove sostanze su cui ha puntato i riflettori la Commissione Europea, chiedendo all’EFSA (Autorità europea sulla sicurezza alimentare) di valutarle con riferimento all’articolo 8 del Regolamento UE 1925/2006. Quest’ultimo, infatti, prevede che la Commissione, in maniera autonoma o su segnalazione di uno Stato membro, possa richiedere la valutazione di sicurezza di un preparato alimentare qualora sussistano dubbi per la salute del consumatore ed eventualmente limitarne o vietarne l’uso sul mercato comunitario.
La procedura – già applicata per i derivati idrossiantracenici e le catechine del tè verde – è stata attivata su segnalazione rispettivamente di Germania per il finocchio, Francia per la berberina e Spagna per i derivati da Garcinia. La decisione finale dell’EFSA è attesa per maggio 2025.
Che cosa si imputa a queste sostanze? Per il finocchio (semi), pianta tradizionale impiegata in più ambiti e anche per favorire la montata lattea e lenire le coliche infantili, il problema sarebbe l’estragolo, presente nell’olio essenziale per potenziali attività genotossiche e cancerogene. Nel caso della berberina l’Agenzia francese per la salute e la sicurezza alimentare (ANSES) riferisce potenziali effetti collaterali tra cui ipotensione e turbe gastrointestinali, mentre per l’acido idrossicitrico da Garcinia la Spagna parla di danno epatico.
La vera questione, però, è un’altra: valutare la sicurezza delle sostanze vegetali come ha fatto EFSA sinora – isolando singole componenti della pianta dal fitocomplesso e in condizioni di assunzioni e dosaggi che non corrispondono alla vita reale – è astratto e inadeguato. Ed è un approccio – si è già visto per le droghe antrachinoniche – non proporzionale al rischio per il consumatore. Analogamente non sempre è appropriato il ricorso all’articolo 8 che, in taluni casi, si è basato sulla pressione di alcuni Stati membri, correlata a ragioni di classificazione del prodotto, più che su concrete problematiche di sicurezza.
Non stiamo dicendo, sia chiaro, di minimizzare la fondamentale questione della sicurezza degli estratti vegetali, ma di guardare a essa in modo razionale e soprattutto tenendo conto della specificità di erbe e preparati vegetali.
Per evitare che si ripeta quanto è accaduto per le droghe antrachinoniche, una partita peraltro ancora aperta per rabarbaro, senna e frangula, occorre dunque fare quadrato. Sinergizzare gli sforzi di industria, categorie professionali coinvolte e consumatori e lavorare con logica di filiera per raccogliere le evidenze scientifiche disponibili sulla sicurezza di queste sostanze e produrne nuove.
Nei prossimi mesi saremo anche noi attivi in questa nuova partita, lavorando su ciò che ci compete, l’informazione, con approfondimenti e aggiornamenti puntuali.
Ecco! Torna la questione della scienza e del metodo scientifico. Chi ha deciso che la valutazione di una sostanza o di una materia prima complessa va fatta solo valutando uno dei componenti, pur importante? In più, il problema nasce dagli estratti ad altissima concentrazione (ottenuti con solventi diversi dall’acqua, dell’alcool e dall’olio) per realizzare gli “integratori alimentari”