Erbe per la mente

 

In Italia 5 persone su 10 hanno sofferto di depressione durante il lockdown e in quasi 9 su 10 sono aumentati i livelli di stress psicologico. È la fotografia scattata da una survey realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Unità di Biostatistica Epidemiologia e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Padova e pubblicata sulla rivista Bmj Open.

Secondo questo studio, basato su interviste condotte via web, il disagio psicologico ha colpito maggiormente le donne e i più giovani, che hanno risentito ancora di più della chiusura delle attività didattiche e della mancanza di vita sociale. E sono diversi gli studi che documentano un diffuso disagio sociale che si manifesta attraverso forme ansiose, depressioni, alterazioni del sonno o basso tono umorale.

Uno di questi, di recente pubblicato sulla rivista The Lancet Public Health, ad esempio, segnala tra i numerosi effetti negativi del Long Covid, anche quelli sulla salute mentale, con sintomi di depressione, ansia e scarsa qualità del sonno presenti nei mesi che seguono la guarigione. L’analisi, basata su dati raccolti in Danimarca, Estonia, Islanda, Norvegia, Svezia e Regno Unito, riferisce nelle persone guarite dall’infezione una maggiore prevalenza di depressione (+18%) e una peggiore qualità del sonno (+13%) rispetto agli individui che non hanno contratto la malattia.

Su quest’ampia gamma di problemi è prezioso – lo sappiamo – l’intervento delle piante medicinali, se correttamente individuate e consigliate da esperti nella materia. A tale proposito, oltre all’esperienza secolare e al supporto della ricerca, giunge anche un robusto sostegno scientifico, nonché autorevole, dal documento ‘Clinician guidelines for the treatment of psychiatric disorders with nutraceuticals and phytoceuticals’, elaborato per la World Federation of Societies of Biological Psychiatry (WFSBP) e la Canadian Network for Mood and Anxiety Treatments (CANMAT) da una task force internazionale di ricercatori e clinici, recentemente pubblicato su The World Journal of Biological Psychiatry.

Passate al vaglio le prove scientifiche sull’efficacia di piante medicinali e nutraceutici, questa importante revisione internazionale fornisce indicazioni, modalità di impiego e dosaggio insieme a informazioni documentate sulla loro sicurezza e tollerabilità.

Per i disturbi dell’umore, che includono anche le depressioni, le Linee guida raccomandano, oltre agli acidi grassi omega-3 in associazione con gli antidepressivi standard, l’iperico come monoterapia. All’erba di San Giovanni è stato assegnato un grading di tipo A (ossia di elevata evidenza scientifica) e un livello di raccomandazione altrettanto importante. Sono consigliati, con un livello scientifico più basso, anche lo zafferano, la curcumina e la lavanda sia in associazione ai farmaci di sintesi sia da soli.

Per i disturbi d’ansia spicca l’attività dell’ashwagandha (Withania somnifera), da assumere al dosaggio di 300-600 mg, standardizzato al 5% di withanolidi; con minore forza gli esperti consigliano, in aggiunta alle normali terapie o come monoterapia, la lavanda, che si è dimostrata efficace anche in disturbi quali insonnia, affaticamento e sintomi somatici nei soggetti con disturbi ansiosi. Le prove scientifiche a favore dell’impiego di camomilla e rodiola in questa sfera di problemi non sono state, invece, ritenute a oggi sufficienti per avallare una raccomandazione.

Gli esperti internazionali ritengono che i livelli di sicurezza e di tollerabilità siano buoni per la maggior parte delle piante raccomandate, pur segnalando per alcune di esse, come ad esempio l’iperico, la possibilità di interazioni farmacologiche. Contemporaneamente sollecitano una maggiore attenzione circa la qualità e la standardizzazione dei preparati a base di piante.

Da ultimo, ma non meno importante, le Linee guida sottolineano come dai recenti progressi nelle scienze ‘omiche’ possano derivare informazioni preziose sulle specifiche vie neurochimiche associate ai disturbi mentali e, di conseguenza, una più profonda comprensione di come i preparati di origine naturale influiscano su farmacodinamica e neurochimica.

L’applicazione di questi studi alle piante medicinali contribuirà a quantificare meglio i costituenti attivi e quelli tossici, ponendo le basi per interventi più mirati nell’ambito della sempre più attuale ‘medicina di precisione’. Per esempio, negli ultimi anni la metabolomica applicata alla fitoterapia favorisce una migliore identificazione del materiale vegetale, costruendo le basi per la preparazione di estratti standardizzati che contengano livelli adeguati di princìpi attivi.

 

 

1 commento

  1. complimenti alla autrice dell’articolo: sintetico,esaustivo, chiaro.
    Articoli che andrebbero più spesso pubblicatati sia per gli addetti
    ai lavori che di pubblica utilità

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