Non si cancella l’erborista per decreto!

L’erboristeria italiana costituisce da sempre una specificità unica nel panorama europeo, quella che talvolta abbiamo definito “una splendida anomalia”. Forte di circa 4.500 punti vendita distribuiti capillarmente sull’intero territorio nazionale e gestiti nella grande maggioranza da operatori diplomati o laureati, fornisce ai consumatori un servizio mirato e professionale.

Cartina di tornasole sono le percentuali di utilizzo dei preparati a base di erbe, in Italia fra le più alte in Europa con un volume d’affari di circa 1 miliardo di euro secondo recenti rilevazioni, ed esitati per oltre il 20% in erboristeria, la tenuta del settore rispetto ad altri negli anni della crisi più dura, il radicamento della figura dell’erborista nel servizio di consiglio e consulenza al consumatore in materia di erbe officinali e derivati.

L’erborista, di fatto, rappresenta, nella filiera delle piante officinali, una insostituibile figura di raccordo tra coltivazione, raccolta e trasformazione delle piante officinali e il loro commercio all’ingrosso e al dettaglio, avendo competenze specifiche in queste materie, certificate anche da corsi universitari.

Tutto questo mondo, una realtà concreta composta da imprese, attività e reti economiche, è oggi messo a rischio. Un equilibrio costruito nei decenni, al quale hanno concorso più fattori e dove il ruolo degli erboristi è stato determinante, potrebbe essere fortemente alterato.

Nell’intento di rilanciare l’agricoltura italiana e una filiera made in Italy, un decreto legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri (n. 490), riguardante la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali, ha predisposto infatti all’articolo 8 l’abrogazione della Legge 99 del 1931 (e dei relativi decreti attuativi) che ha istituito la figura professionale dell’erborista in Italia.

In buona sostanza, con un colpo di spugna si cancellerebbe la cornice normativa, ancorché obsoleta e da aggiornare alla realtà odierna, che ha consentito finora agli erboristi di esistere a livello legislativo.

Questo intervento, finalizzato a liberalizzare la produzione e la trasformazione delle erbe officinali, di fatto avrebbe l’effetto di cancellare la figura professionale dell’erborista. Tutto senza una contropartita, con buona pace degli operatori e delle aziende coinvolti.

Il decreto, che può essere approvato anche a Camere sciolte ricevuto il parere consultivo ma non vincolante delle Commissioni interessate, è all’esame della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati e dovrà essere poi sottoposto al parere di altre Commissioni competenti per materia e della Commissione parlamentare per la semplificazione. Secondo il calendario delle attività parlamentari la deadline di questo percorso è il 27 febbraio.

Sono dunque giorni cruciali per il futuro dell’erboristeria. Impedire che venga abrogata d’ufficio la Legge del 1931 è la richiesta degli erboristi italiani al legislatore. Per evitare il salto nel vuoto e il rischio di despecializzazione completa del settore.

Su questo obiettivo stanno convergendo gli sforzi delle associazioni di categoria, sindacali e culturali, degli operatori e dei Corsi di laurea ai quali, in diversi Atenei, è affidata la formazione del tecnico erborista.

Non è il tempo dei distinguo e delle differenze. Si parli con una voce unica e condivisa che, alta e chiara, esprima il punto di vista dell’intera categoria. Oggi c’è bisogno della massima unità nel chiedere al legislatore e alla politica di riconsiderare il decreto legislativo e in particolare l’articolo 8, salvaguardando la figura dell’erborista. Non si può lasciare l’erboristeria italiana del tutto priva di un riferimento legislativo.

Noi faremo la nostra parte con i nostri mezzi, come abbiamo sempre fatto. Informando, divulgando e seguendo con la massima attenzione e condivisione questo passaggio così delicato.