Quella stabilità che non guasta

Stabilità: è ancora questa la parola “chiave” che fotografa la situazione nel settore erboristico. Almeno se lo si osserva utilizzando come lente i dati congiunturali diffusi da Unioncamere, che danno conto del numero di imprese registrate come erboristerie attive in Italia.

L’ultima rilevazione, datata 31.12.2016, riferisce che nel nostro Paese le erboristerie sono in totale 4.348, registrando un aumento dunque di due unità rispetto alle 4.346 censite il 31.12.2015. È una crescita a valenza “omeopatica”, d’accordo, ma si tratta pur sempre di un saldo positivo, che infonde fiducia negli operatori e conferma quanto abbiamo sottolineato in più occasioni, e cioè che questo settore ha sofferto il peso della crisi meno di altri.

Come di consueto guida la classifica la Regione Lombardia, dove sono stati censiti 684 punti vendita, seguita dal Lazio (478) e dal Veneto (472). Tutte peraltro in leggera crescita, con un incremento rispettivamente di 3, 7 e 9 unità. Sono dati buoni, dunque, che si sommano all’aumento di interesse della popolazione verso i prodotti a base di piante, segnalato di recente dal Rapporto Italia di Eurispes, e in via generale alle buone performance di vendita dei preparati di origine vegetale (+6,9% nell’ultimo anno secondo FederSalus).

Presenta maggiori complessità, invece, il percorso formativo riservato all’erborista, del quale ci siamo occupati nell’inchiesta di questo numero della rivista (pagg.18-21).

Si è ridotto a 11 il numero delle sedi universitarie che ospitano il Corso di laurea in Scienze e/o Tecniche erboristiche, stabilizzando così un trend al ribasso già evidente negli ultimi anni e correlato a ragioni diverse e non sempre lineari.

I motivi rimandano non soltanto alle dinamiche riorganizzative interne del sistema Università, ma anche a problemi strutturali caratteristici del settore erboristico. Non escluso il mancato adeguamento della cornice legislativa, dove è ancora in vigore il Regio Decreto del 1931.

Questo aspetto comporta incertezza e non manca di riflettersi anche sul peso che viene attribuito a tale tipologia di laurea. Molti neolaureati nella materia, dunque, non soltanto devono fare i conti con la precarietà occupazionale tipica di questa fase, ma fanno anche fatica a trovare un’occupazione coerente con il proprio titolo di studio. Soprattutto se intendono lavorare nell’ambito della produzione dei preparati a base di piante, dove le aziende spesso preferiscono attingere da altri profili professionali.

Premesso che questo Corso di laurea resta in ogni caso il percorso formativo di riferimento per chiunque oggi voglia lavorare in erboristeria, ci sono poi carenze o limitazioni nei Piani di studio che inducono diversi laureati ad ampliare il ventaglio delle competenze acquisite in ambito universitario, rivolgendosi a ciò che offre il mercato e trovandovi non sempre soluzioni adeguate e convincenti.

L’imprescindibile base di partenza della formazione universitaria deve essere certamente arricchita e nutrita con l’aggiornamento continuo. Questa considerazione vale per ogni professione e, pur non essendo un obbligo per l’erborista come lo è per altre categorie, rimane un dovere etico per una figura professionale che si occupa quotidianamente del benessere delle persone.

E all’aggiornamento scientifico, un ambito che sappiamo in continua e veloce evoluzione, è dedicato un articolo firmato da Marco Valussi (pagg.31-40). Qui troverete, seppure in forma sintetica, utili coordinate che aiutano a orientarsi e a muoversi più agevolmente nella giungla di informazioni che la rete restituisce in materia di piante officinali e derivati. Considerazioni, dunque, di natura generale che riguardano l’ontologia stessa della conoscenza scientifica, per sua natura in costante divenire e avversa a ogni affermazione di tipo perentorio e definitivo, ma anche una panoramica dei siti disponibili in rete per cercare informazioni affidabili e mantenersi aggiornati.

Buona lettura!