Cosmesi sostenibile, arriva una proposta di legge

mariella fiera parmaSecondo un’indagine di Nomisma, il 9% dei consumatori italiani sceglie il cosmetico in base alla presenza di ingredienti bio e il 4% ricerca certificazioni di qualità. A questa crescente attenzione verso la sostenibilità del prodotto corrisponde un progressivo ampliamento dell’offerta di cosmetici naturali e biologici. Un mercato con un valore stimato in circa 400 milioni di euro e un tasso annuo di crescita del 7,7% (Rapporto Greenitaly 2014).

Se la domanda del cosmetico green cresce, spinta da una maggiore sensibilità verso salute e ambiente, la situazione normativa registra invece il cambiamento a ritmo ben più lento.

Nel nostro Paese, com’è noto, esiste una chiara definizione di cosmetico alla quale devono attenersi tutti i prodotti immessi sul mercato, ma manca una norma che indichi quali debbano essere le caratteristiche dei cosmetici bio, naturali o green. La produzione fa dunque riferimento a disciplinari adottati su base volontaria e a Enti di certificazione privati, che hanno fissato i requisiti di base per questa tipologia di prodotti. A seconda dell’organismo certificatore, perciò, il termine “biocosmetico” può significare cose diverse.

In assenza di una normativa, gli standard internazionali di riferimento sono due, CosmOS e NaTrue, che hanno elaborato protocolli e standard su materie prime, processi di sintesi e chimici ecc., solo in parte sovrapponibili e che garantiscono comunque la conformità a criteri definiti. Esistono tuttavia diversi altri standard, nonché prodotti che magari con loghi di “fantasia” richiamano una generica “naturalità” del cosmetico, senza indicare in etichetta l’eventuale controllo svolto da Enti di certificazione. Ciò finisce per creare confusione nel settore, disorienta il consumatore e non aiuta la trasparenza né la competizione leale.

Proprio su questo fenomeno ha puntato il dito, lo scorso dicembre, il programma “Report” con un’inchiesta dai toni allarmanti che, mettendo sul banco degli imputati l’intero settore e comparando due realtà diverse, il bio alimentare e quello cosmetico, ha evidenziato però ciò che molti reclamano da tempo. La definizione cioè di regole pubbliche condivise e uguali per tutti, che favoriscano lo sviluppo di un settore importante, tutelando tanto i consumatori quanto i produttori.

Qual è stata a oggi la risposta delle istituzioni? Sul fronte internazionale l’ISO (International Organization for Standardization), con il contributo di autorità nazionali, industria cosmetica ed Enti certificatori, sta preparando uno standard che non sarà obbligatorio, ma definirà parametri per classificare i cosmetici bio e naturali validi in tutto il mondo. Gli Enti certificatori europei, dal canto loro, stanno lavorando a un disciplinare unico che dovrebbe essere pronto nel 2017.

Per quanto riguarda l’Italia, la novità è la proposta di legge sulla cosmesi sostenibile ‘Disposizioni concernenti la certificazione ecologica dei prodotti cosmetici’ (AC 106), in corso di esame alle Commissioni Riunite VIII Ambiente e X Attività Produttive della Camera dei Deputati.

La proposta affronta soltanto alcuni aspetti di una materia complessa e, più che definire i parametri per la formulazione dei cosmetici biologici, punta soprattutto a una maggiore tutela di ambiente e salute attraverso un marchio italiano di “qualità ecologica dei cosmetici”. Questo sarà attribuito ai cosmetici che abbiano un dossier ecologico in cui sia specificata la composizione e la quantità delle sostanze non biodegradabili, o che possono avere impatto su acqua e ambiente, e il tipo di imballaggio.

L’auspicio è che intorno al testo di legge si apra un dibattito ampio e partecipato con il contributo essenziale dell’intera filiera: industria, società scientifiche, associazioni di categoria, rivenditori e consumatori.

All’orizzonte un obiettivo comune da conseguire agendo su più piani: rafforzare una filiera virtuosa che, investendo su ricerca e innovazione, contribuisca con la sua specificità al benessere di cittadini e ambiente, tutelando nel contempo la trasparenza della produzione e lo sviluppo sostenibile nel suo complesso.