Per ragioni di natura storica in Europa convivono politiche diversificate in materia di prodotti per la salute e l’iter di armonizzazione avviato negli ultimi anni deve confrontarsi con le legislazioni nazionali.
Ciò accade anche nel campo dei botanicals, i prodotti a base di erbe. Un mercato che secondo la European Federation of Health Products Manufacturers Associations – EHPM vale 2,5 miliardi di euro in Europa (su un mercato totale degli integratori di 9 miliardi) e che ammonta a oltre 2 milioni di euro in Italia. Questo stesso settore negli Stati Uniti cresce ininterrottamente da 10 anni, riporta l’America Botanical Council, e ha raggiunto la cifra record di 6 miliardi di dollari (2013), con un incremento del 7.9%; ed è interessante notare che l’aumento più marcato si registra proprio nei punti vendita specializzati rispetto alla grande distribuzione.
Tornando ai botanicals del Vecchio Continente, sono diversi i problemi irrisolti. Sappiamo, ad esempio, che per questa categoria di prodotti l’esame delle indicazioni salutistiche, o claims, è stato sospeso in attesa che siano definiti in maniera chiara i criteri con cui procedere, mentre i claims presentati sono stati quasi tutti rifiutati.
Il nodo del problema è capire, e su questo punto il dibattito è in corso, se anche per gli integratori alimentari a base di piante debbano applicarsi tout court i criteri del Regolamento 1924 del 2006. Secondo questa norma europea l’efficacia del claim deve essere dimostrata con studi clinici – il che non è richiesto neanche ai medicinali vegetali di origine tradizionale per i quali, paradossalmente, basta la tradizione d’uso – o se invece per questi prodotti, data la loro specificità, si possa concordare un percorso diverso. Un quadro cioè di regole adeguate che risponda ai requisiti di qualità e sicurezza e contempli, tra i criteri per avvalorare le attività fisiologiche dei prodotti vegetali e rivendicarne le indicazioni salutistiche, anche la tradizione d’uso. Su questo punto il dibattito è in corso: se n’è parlato di recente a Bruxelles, in un meeting cui hanno partecipato industria e rappresentanti istituzionali, compreso il ministero della Salute italiano.
L’altro grande tema riguarda le liste di piante autorizzate per i prodotti non medicinali. Anche in questo caso la disomogeneità regna sovrana, ma la Commissione europea ha già detto che non ritiene necessario armonizzare la materia. La logica vorrebbe, invece, che in un mercato interconnesso com’è quello comunitario ci fosse un’omogeneità di base. Anche, semplicemente, per rendere più fluida la circolazione dei prodotti, visto che il principio del mutuo riconoscimento viene applicato in modo parziale e non da tutti gli Stati.
Il primo importante tentativo di armonizzazione della materia è stata la lista Belfrit, che nasce dall’azione coordinata di Belgio, Italia e Francia. Adottata in Italia con un decreto ministeriale lo scorso marzo (DM 27/3/2014), è oggi in vigore insieme alla lista precedente e include circa un migliaio di piante per le quali esistono dati di sicurezza ed efficacia, anche sull’uso tradizionale. La lista Belfrit presenta qualche novità, ad esempio l’inserimento degli oli essenziali e di droghe vegetali come i semi di ippocastano e la radice di Pygeum. Registra però anche assenze importanti rispetto all’elenco nazionale: uva ursina, ananas gambo, Aloe vera gel e quasi tutti i gemmoderivati.
A che punto siamo? Conclusa la raccolta dei dati utili per valutare il reinserimento di piante e loro parti presenti soltanto nella lista nazionale ma non in quella Belfrit, è il momento di portare avanti un lavoro che, alla fine, dovrebbe fornire un unico elenco di piante efficaci, sicure e radicate nella tradizione d’uso nazionale ed europea.
A oggi, tuttavia, è difficile dire se gli sforzi verso una maggiore uniformità realmente porteranno, come si auspica, a risultati nel breve-medio periodo. Ad esempio, a una lista unificata sembrano poco interessati Gran Bretagna, Germania e paesi del Nord Europa, dove molte piante della lista Belfrit sono già catalogate come medicinali.