Dopo la buriana dello scorso anno, si è tornati a parlare di curcuma e curcumina. L’occasione è stata la presentazione a Milano di un ‘Advisory Board qualità degli integratori di origine botanica’. Un gruppo multidisciplinare composto da 10 esperti italiani e internazionali che si pone l’obiettivo di formulare indicazioni per l’impiego dei botanicals sulla base di solide prove scientifiche e dati di esperienza.
A Milano è stato illustrato anche un Consensus Paper dedicato a curcuma e derivati, redatto sotto l’egida della Società italiana di nutraceutica (Sinut). Questa pianta di antichissime tradizioni, come documenta un recente articolo della rivista Molecules, ha ormai all’attivo oltre 18.000 pubblicazioni, delle quali 1.378 sono revisioni e circa 700 gli studi clinici, e genera un mercato imponente a livello sia internazionale sia nazionale. In Italia, ad esempio, secondo i dati forniti da IMS (Iqvia) tra luglio 2018 e giugno 2019 sono state vendute 4,9 milioni di confezioni di integratori a base di curcuma.
Il documento di consenso ha messo a fuoco più aspetti, dal funzionamento a livello cellulare e meccanismo d’azione dei componenti della pianta, e della curcumina in particolare, alle proprietà che le sono attribuite: antinfiammatoria, antiossidante, neuroprotettiva, antipertensiva senza trascurare quella epatoprotettiva. Quest’ultima, vale la pena ricordarlo, è stata avvalorata da diversi studi scientifici, dei quali l’ultimo in ordine di tempo è un trial randomizzato in doppio cieco controllato con placebo uscito nel febbraio 2020 su Phytotherapy Research che ne ha riportato i benefici in casi di cirrosi epatica.
Il Consensus Paper affronta poi il tema della qualità dell’estratto e conferma l’elevato profilo di sicurezza della curcuma, già evidenziato da autorevoli enti internazionali quali l’Efsa, l’Ema e la FDA statunitense. Sappiamo, tuttavia, che l’uso del prodotto è sconsigliato in presenza di alterazioni della funzione epato-biliare e di calcolosi biliare, tanto che questa avvertenza, a seguito di una decisione del Ministero della Salute dello scorso luglio, dal 1° gennaio 2020 deve essere riportata sulla confezione.
Da ultima la questione della scarsa biodisponibilità della curcumina e il conseguente allestimento, per ovviare a questo problema, di varie formulazioni che includono tra l’altro la sua associazione con piperina e la curcuma fitosoma. Di quest’ultima, che utilizza un tensioattivo naturale come la lecitina, l’efficacia – scrive il panel di esperti – è dimostrata da una trentina di studi scientifici, di cui almeno un terzo randomizzati e controllati e riguardanti la salute cardiovascolare e intestinale, la nutrizione sportiva, l’osteoartrite e gli effetti collaterali delle terapie anti-tumorali.
Se questa messa a punto su curcuma e curcumina è senza dubbio interessante, dato il clamore creatosi intorno a questa pianta meno di un anno fa, deve far riflettere un altro aspetto. E cioè che gli esperti del Board, mettendo giustamente in guardia dal ‘fai da te’ nell’impiego di questi prodotti, citino come figure di riferimento per una corretta informazione esclusivamente il medico e il farmacista.
Ora, innanzitutto stiamo parlando di integratori alimentari per i quali la norma non prevede ad oggi la vendita esclusiva nel canale farmacia. Inoltre, senza mettere in discussione il ruolo di figure sanitarie fondamentali, in questo modo si cancella completamente quella dell’erborista. Un esperto delle piante officinali che, disponendo di un diploma e per l’ultima generazione di una laurea triennale, ha le competenze necessarie per consigliare in modo corretto il consumatore, indicando se necessario anche controindicazioni, interferenze farmacologiche ed effetti avversi dei preparati di origine vegetale.
Proprio per sottolineare l’importanza del percorso universitario nella formazione dell’erborista e per tracciare lo stato dell’arte dei Corsi di Laurea (CdL) in Scienze erboristiche e affini, attivi negli Atenei italiani, da questo numero abbiamo avviato una nuova rubrica nella quale, con la voce del Presidente del CdL, ogni sede universitaria illustrerà caratteristiche e novità dei propri corsi. La prima intervista, che pubblichiamo alla pag. 28, è alla professoressa Rosy Caniato dell’Università degli Studi di Padova.