Ricominciamo…da tre

Poteva andare peggio e oggi, a bocce ferme, si può dire che sul risultato di questa partita ha indubbiamente pesato la mobilitazione compatta della categoria degli erboristi e delle sue associazioni, e la capacità di rispondere unitariamente, anche se con linguaggi e modalità diversi. L’approvazione del Testo unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 23 giugno scorso, segna dunque una tappa importante per il mondo dell’erboristeria. Lo fa poiché ratifica con una legge nazionale un concetto importante, e cioè che la miscelazione in estemporanea delle piante officinali è un’attività che richiede specifiche competenze e abilità professionali e per questo motivo è affidata esclusivamente
al farmacista e all’erborista. Il percorso che ha portato a questo provvedimento è stato tortuoso, in alcuni momenti sofferto. Il testo del decreto legislativo è stato rimaneggiato a più riprese
e a un certo punto è parso che con esso si volesse decretare d’ufficio la morte dell’erboristeria italiana cancellando, insieme alla Legge n.99/1931, anche la figura dell’esperto in piante officinali e, di rimando, un intero settore che conta in Italia 4.292 punti vendita (dati Unioncamere) e si articola in una filiera che impiega migliaia di persone. Scongiurato tale pericolo, vediamo in sintesi quali sono i contenuti principali del decreto legislativo, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 maggio scorso, a Camere già chiuse, nell’ultimo scampolo della passata legislatura. Mutuando le conclusioni del controverso Tavolo di filiera delle piante officinali, istituito nel 2013, il decreto, nelle intenzioni del legislatore, ha voluto adeguare la disciplina sulla coltivazione e sulla prima trasformazione delle piante officinali (medicinali, aromatiche e da profumo, alghe, funghi macroscopici, licheni) dando un nuovo assetto al settore, per favorirne la crescita e lo sviluppo integrato e valorizzare le produzioni nazionali. La norma fornisce, dunque, una nuova definizione di piante officinali, prevede l’istituzione dei registri varietali delle specie officinali e afferma che la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione sono attività agricole, diversamente da quanto stabilito in passato. Disciplina anche la raccolta spontanea e stabilisce che, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sarà adottato il Piano di settore della filiera delle piante officinali, lo strumento programmatico di ampio respiro che dovrà individuare gli interventi prioritari per il settore. Il decreto specifica all’articolo 1 che sono escluse dall’ambito di applicazione la vendita al consumatore finale e le attività che seguono la prima trasformazione, che restano disciplinate da normative di settore specifiche. La frase emblematica per gli erboristi sta scritta però al comma 7, dove si specifica che sono escluse dall’applicazione anche le preparazioni estemporanee a uso alimentare destinate al singolo cliente, vendute sfuse e non preconfezionate, costituite da piante da sole o in miscela, estratti secchi o liquidi che “sono consentite, oltre ai farmacisti, a coloro che sono in possesso del titolo di erborista conseguito ai sensi della normativa vigente”. Certamente l’erborista ha perso la complessità di ruolo attribuitagli dalla Legge del 1931, ma vede riconfermata la propria funzione di “custode” del sapere tradizionale e delle competenze necessarie per la gestione delle piante officinali e soprattutto delle preparazioni in estemporanea. Non è sicuramente la legge di riordino del settore che a lungo gli erboristi hanno cercato di ottenere, scontrandosi continuamente con lobby sempre più potenti, e diversi suoi passaggi sono poco chiari, dall’assetto degli elenchi delle piante officinali ai registri varietali. L’auspicio è che questi e altri aspetti possano essere migliorati
con i decreti attuativi. I mesi a venire saranno dunque importanti per rafforzare il settore e la figura dell’erborista, sulla base di un riconoscimento ratificato da una legge dello Stato. Si potrà lavorare ripartendo non più da zero, dalle macerie, ma da un piccolo positivo risultato.