Parere del Consiglio di Superiore di Sanità sulla ‘cannabis light’

In un parere richiesto a febbraio dal segretariato generale del ministero della Salute, il Consiglio Superiore di Sanità (CSS) raccomanda che siano “attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti”. Infatti secondo l’organo consultivo, “la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggera’, non può essere esclusa”. In particolare si ritiene che non sia stato valutato sufficientemente il rischio al consumo di questi prodotti in specifiche condizioni, come età, presenza di patologie concomitanti, stati di gravidanza o allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione ecc. In pratica, la posizione del CSS è che gli effetti del Thc, anche a bassa concentrazione, su soggetti come anziani, madri in allattamento o persone con patologie particolari siano ancora poco studiati. Il CSS precisa inoltre nel parere che, tra le finalità della coltivazione della canapa industriale previste dalla legge 242/2016, promulgata con lo scopo di rilanciare la filiera della canapa nel nostro Paese, “non è inclusa la produzione delle infiorescenze né la libera vendita al pubblico”. Di conseguenza la vendita dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, che riportino in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’, “è motivo di preoccupazione”. Questo parere avrà certamente degli effetti su un mercato in pieno boom, costituito da centinaia di punti vendita in Italia e con un giro d’affari stimato in oltre 45 milioni l’anno. A questo punto spetta al ministero della Salute assumere eventuali decisioni operative, quali ad esempio vietare la vendita dei vari prodotti a base di  ‘cannabis light’.