Una sottile incrinatura

L’ultimo rapporto di Herbal Gram, il bollettino dell’American Botanical Council, associazione statunitense specializzata in piante medicinali, riferisce che oltreoceano le vendite dei preparati a base di erbe sono aumentate del 7,7% nel 2016, superando i già positivi tassi di crescita dell’anno precedente. Un nuovo record, dunque, per questi prodotti che, forti di un aumento continuo negli ultimi tre anni, contano su un mercato solido stimato in circa 7.500 miliardi di dollari.

Altrettanto positivi, anche se con cifre meno imponenti di quelle statunitensi, sono i dati forniti da Federsalus sul mercato nazionale degli integratori, anche con base vegetale, che hanno generato un giro d’affari di 2,8 miliardi di euro nel primo quadrimestre del 2017.

Approdando a lidi a noi più vicini e facendo riferimento all’ultima relazione di Unioncamere che monitora il numero di erboristerie in Italia, si cambia un po’ musica. Non in modo radicale né con forti dissonanze ma, per la prima volta negli ultimi tre anni, si registra una lieve flessione rispetto agli anni passati degli esercizi registrati come erboristeria.

Le erboristerie italiane sono 4.307 al 30 giugno di quest’anno ed erano 4.325 nella rilevazione di un anno fa: cifre alla mano, dunque, vuol dire che si sono persi diciotto esercizi e si è tornati, in termini quantitativi, alla situazione del 2014.

Le regioni con saldo negativo sono Puglia, Abruzzo, Molise e Trentino Alto Adige, segni di stabilità arrivano da Lazio, Marche ed Emilia Romagna, mentre sono in crescita Lombardia, Calabria e Valle d’Aosta. Dalle determinanti territoriali non emergono indicazioni particolari, essendo sia le chiusure sia le nuove aperture variamente distribuite a livello nazionale e ciò fa pensare che, nell’analisi di questi trend, pesino di più altri aspetti, inclusa la specificità di ciascun punto vendita, ovviamente contestualizzata in una visione di settore e di categoria.

Sappiamo che da qualche anno l’erboristeria è a saldo zero, salvo spostamenti minimi dell’ordine di poche unità. Questa tenuta ha rappresentato un fattore di relativa “forza” negli anni più bui della crisi, quando l’intero comparto industriale e commerciale del nostro Paese tracimava, ma se il dato tende a “endemizzarsi” in questa nuova fase, c’è il rischio che si trasformi in un limite alle potenzialità di sviluppo insite nel settore, ma che evidentemente fanno fatica a esprimersi.

Il mondo dell’erboristeria sempre di più, è una realtà ormai incontrovertibile, fa i conti con una concorrenza sempre più capillare. Non più soltanto, come accadeva anni fa, la farmacia, ma oggi anche la grande distribuzione, le vendite on line, il porta a porta e persino, benché sia paradossale, i centri estetici che si improvvisano esperti in tisane, integratori e cosmetici naturali.

Si tratta allora di avviare una riflessione a 360° sui punti di forza e sulle debolezze di questa realtà, che ciascun erborista farà mettendo a bilancio pro e contro. I primi sono indubbiamente la competenza specifica nella materia, ancorché differenziata, la conoscenza puntuale delle erbe e dei loro derivati, l’approccio più empatico e il tempo maggiore che l’erborista può offrire al cliente, dunque la capacità di fidelizzazione che è elevata in erboristeria, dove in linea generale chi ha acquistato un prodotto e si è trovato bene, tende a tornare.

La frammentazione del settore, la sua permanenza in un’area grigia (anche a causa dei mancati aggiornamenti legislativi) e la dimensione piccola se non micro delle attività, che ha come corollario la minore forza economica e di penetrazione rispetto ad altri canali, sono per contro il tallone d’Achille dell’erboristeria. Minimizzare le debolezze e massimizzare i punti forti è l’obiettivo che ciascun erborista, e la categoria nel suo complesso, dovrà darsi per uscire da una posizione che minaccia di ridurre a marginalità il grande patrimonio dell’erboristeria italiana.

Molto possono fare in questa sfida gli erboristi più giovani se riusciranno a mettere a valore, con un approccio più nuovo e fresco, il grande lascito delle conoscenze tradizionali abbinandolo a un uso appropriato e intelligente della comunicazione, dei social e delle risorse tecnologiche e scientifiche. Qualcosa sembra muoversi in questa direzione ed è un segnale prezioso al quale presteremo attenzione e ascolto.