Una road map europea per gli integratori vegetali

IMG_0453Secondo uno studio pubblicato di recente da ricercatori olandesi, fra il 2008 e il 2015 l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha valutato oltre 3.000 indicazioni salutistiche, meglio note come claims. La Commissione Europea ne ha autorizzato però soltanto una minima parte, equivalenti all’8% del totale. Particolarmente duro è stato il giudizio riservato a probiotici e prebiotici, che nella quasi maggioranza non hanno ottenuto il semaforo verde da parte delle autorità europee, precisa lo studio olandese, ricordando le bocciature riservate ai claims di altri ingredienti, quali fibre e betaglucani.

Devono ancora passare il vaglio comunitario oltre 800 claims, mentre le oltre 2000 richieste riguardanti gli integratori a base vegetale –  quelli che interessano direttamente il settore erboristico –  sono ancora in stand by.

I botanicals, infatti, sono confinati dal 2010 in un’area grigia a causa delle difficoltà incontrate da Bruxelles ad applicare al comparto le norme comunitarie su integratori e alimenti, vista la grande differenza riscontrata fra le normative dei diversi Stati membri. Dal 2012 il processo di valutazione è stato sospeso, creando una situazione d’incertezza e impasse che non agevola lo sviluppo di questo comparto. La definizione, dunque, di una cornice legislativa europea coerente e armonizzata è una questione rilevante a livello politico, ma anche una necessità per le numerose aziende impegnate in un settore vivace e dinamico dell’economia europea.

Alla luce di queste considerazioni, nell’ottobre del 2015 la Commissione Europea ha elaborato un programma che ha l’obiettivo di valutare se il Regolamento CE 1924/06 (che disciplina le indicazioni per la salute a livello comunitario) sia effettivamente adeguato a questa specifica categoria di integratori alimentari e coerente con la legislazione alimentare europea. Ha posto inoltre i botanicals fra le priorità della Commissione all’interno del programma di controllo dell’efficacia e della coerenza normativa chiamato REFIT.

La road map dell’Europa prevede che nel 2017 venga stilato un report finale in base al quale sarà predisposto un piano d’azione per armonizzare la materia, che diventerà attivo l’anno successivo. Le tappe intermedie, da attuarsi in quest’ultimo scorcio del 2016, sono una consultazione pubblica seguita da una consultazione con gli stakeholder.

Il principale nodo da sciogliere è la definizione dei criteri con i quali valutare i claims degli integratori alimentari a base vegetale, formalizzando al più presto un modello di validazione scientifica. Il Regolamento comunitario richiede, infatti, che siano eseguiti complessi studi scientifici su individui sani ed esclude paradossalmente la tradizione d’uso, uno dei criteri previsti invece per un’altra categoria di preparati con ingredienti vegetali, i cosiddetti “farmaci vegetali tradizionali”.

Sono diverse le questioni sul tappeto: dall’efficacia ed efficienza di quel Regolamento, alla sua pertinenza in tema di piante officinali, fino alla coerenza con il complesso delle norme comunitarie.

Nella mole di attività, e soprattutto di emergenze, che l’Europa deve affrontare in questo periodo si troverà lo spazio, ma soprattutto la volontà politica, per concludere l’iter programmato e giungere a una disciplina comune e armonizzata sull’impiego di piante e derivati nel settore degli integratori alimentari? Ce lo auguriamo davvero.

Fino ad allora, naturalmente, resteranno in vigore le norme nazionali stabilite da ogni Stato membro, sia per le sostanze vegetali ammesse negli integratori sia per le indicazioni salutistiche.

Nel frattempo l’Italia, insieme alla Francia e al Belgio, ha promosso l’iniziativa BELFRIT predisponendo una lista di piante che, per criteri di tradizione d’uso e di sicurezza, possono essere utilizzate negli integratori alimentari. Uno sforzo che punta proprio a superare le differenze esistenti e a definire quel quadro normativo armonico che tutti auspicano.