La depressione è un disturbo della salute mentale che si sviluppa all’interno di complesse alterazioni della sfera psico-neuro-immuno-endocrinologica. Si manifesta con disturbi dell’umore, tristezza persistente, perdita di interesse e disturbi cognitivi che influiscono in maniera significativa sulla qualità di vita, sulle relazioni familiari e sociali e sull’attività lavorativa della persona. Richiede di conseguenza un approccio globale che include anche, ma non solo, il trattamento farmacologico.
La farmacoterapia della depressione è un processo a lungo termine, non immune dal rischio di effetti avversi dei farmaci comunemente prescritti per il disturbo; per questo motivo sta crescendo l’attenzione verso altre opzioni di trattamento, soprattutto delle forme di grado lieve-moderato, come l’impiego di preparati a base di piante medicinali.
Sperimentazioni precliniche e studi clinici hanno evidenziato l’attività antidepressiva di piante come l’iperico, lo zafferano, la melissa e la lavanda, ma anche di specie vegetali meno note nell’etnofarmacologia europea tra cui ginkgo, ginseng coreano, brahmi (Bacopa monnieri) e magnolia, utilizzata quest’ultima nelle medicine cinese e giapponese per trattare ansia e depressione, oltre che disturbi gastrointestinali e cefalea.
I composti attivi di queste piante esplicano effetti antidepressivi con meccanismi d’azione simili a quelli degli antidepressivi di sintesi, tra cui l’inibizione della ricaptazione delle monoammine e dell’attività delle monoaminossidasi oltre a effetti complessi, agonisti o antagonisti su molteplici recettori del sistema nervoso centrale (SNC).
È interessante rilevare – scrivono gli autori di questa recente revisione narrativa che ha fatto riferimento anche alle fonti tradizionali e non solo alla letteratura sistematica – che l’effetto antinfiammatorio è importante per l’attività antidepressiva, alla luce dell’ipotesi che i disturbi immunologici del SNC siano un fattore patogenetico significativo della depressione.
Attraverso la loro attività sul sistema nervoso centrale, molte piante medicinali possono agire dunque sulla sfera mentale con effetti antidepressivi, ansiolitici, sedativi, ipnotici o cognitivi che sono stati confermati negli ultimi anni da revisioni sistematiche, metanalisi e studi clinici randomizzati e controllati.
La fitofarmacoterapia – scrivono gli autori in conclusione – potrebbe rappresentare nei casi di depressione non gravi un’alternativa al trattamento antidepressivo classico, anche in considerazione del fatto che complessivamente comporta un rischio minore, anche se non assente, di effetti collaterali.
Fonte: Dobrek L, Głowacka K. Depression and Its Phytopharmacotherapy – A Narrative Review. Int J Mol Sci. 2023 Mar 1;24(5):4772.