Giovani leve avanzano

mariella-fiera-parmaUn recente rapporto dell’American Botanical Council (ABC) riferisce che negli Stati Uniti la vendita di integratori con ingredienti vegetali nei diversi canali ha registrato nel 2015 un vero boom, con una crescita del 7.5%. Ciò concretamente equivale a un mercato che sfiora i sette miliardi di dollari. Una performance, ha commentato il direttore di ABC Mark Blumenthal, che rappresenta il secondo miglior risultato nell’ultimo decennio, a conferma dell’interesse dei consumatori per prodotti che sono ormai percepiti come “una componente fondamentale di uno stile di vita salutare”.

Fatte salve le fisiologiche e consistenti differenze fra il mercato statunitense e quello europeo e nazionale, vale la pena però declinare questi dati nello spaccato di realtà che più di altri interessa gli erboristi, per capire qual è la situazione nel settore. E per rispondere a questa domanda lo strumento più oggettivo sono i dati raccolti da Unioncamere, che monitora a cadenza semestrale il numero di erboristerie sul territorio nazionale. Per i nostri lettori è un appuntamento ricorrente e poiché ci si avvicina a fine anno, la divulgazione di queste cifre è quasi doverosa, come le riflessioni che possono scaturirne.

Prendendo come riferimento la rilevazione al 30.6.2016, l’ultima ad oggi disponibile, emerge che le erboristerie registrate in Italia sono, a questa data, 4.325. Un buon numero si direbbe, ma in realtà se si compara la cifra a quella di fine 2015, si scopre che in un semestre hanno chiuso 21 esercizi commerciali. In termini statistici non è molto, trattandosi in definitiva di un calo dello 0,5% e, come abbiamo detto in altre occasioni, è poca cosa se si confronta con il disastro di altri settori del commercio. Non la si può ritenere però neanche una buona notizia, perché dietro ogni impresa che chiude ci sono persone, famiglie, comunità, storie di vita. E c’è anche la rappresentazione obiettiva di quanto il settore eserciti oggi un’attrattiva, spinga cioè delle persone a investire tempo ed energie nell’apertura di un’erboristeria.

Entrando poi nelle pieghe della rilevazione di UnionCamere, si scopre che il segno negativo, anche se parliamo di piccoli numeri, riguarda aree tradizionalmente trainanti per l’economia del nostro Paese. Regioni come la Lombardia e il Lazio, con la chiusura rispettivamente di 8 e 6 punti vendita (-1,2%), ma anche regioni che hanno sempre rappresentato nell’ambito erboristico un elemento di forza come il Veneto (-0,4%), il Friuli Venezia Giulia (-2,1%) o la Toscana (-0,9%). Performance negative anche per l’Umbria, con una riduzione del 3,1%, Calabria (-2.3%), Puglia (-1,8%) e Basilicata, dove la chiusura di due erboristerie si traduce nella fredda rappresentazione statistica in un -7,1%.

Più incoraggiante la situazione in Abruzzo e Sicilia, che presentano entrambe una crescita del 2,2%, Marche con un +1,5% e Sardegna, con una crescita percentuale, rispetto all’anno precedente, dello 0,9%. Infine, il Molise, dove paradossalmente si è registrato un aumento percentuale del 12,5%, che va tuttavia contestualizzato nei piccoli numeri di quella regione; più o meno stabili gli altri territori.

Se questo è il bicchiere mezzo vuoto, di cui comunque non possiamo non parlare, il mezzo pieno è la constatazione che, complessivamente, il comparto resiste e anche qui chiamiamo a supporto i numeri. Infatti, senza minimizzare in alcun modo la perdita di 21 negozi, il numero attuale di erboristerie, che era cresciuto di qualche decina nel 2015, rimane comunque leggermente superiore a quello del 2012, quando gli esercizi in attività erano 4.321.

Il settore dunque tiene, non tracima ma, dopo anni di difficoltà, non può bastare ed è, in piccolo, ciò che caratterizza l’economia nazionale, dove gli auspicati venti di ripresa restano flebili brezze e non soffiano ancora con il necessario vigore.

Un motivo di soddisfazione però c’è e si trova in quei giovani che decidono comunque di investire nell’erboristeria, spesso dopo anni di studi universitari rafforzati con successivi percorsi formativi. Ad essi occorre guardare con fiducia e non è un caso che le ultime interviste pubblicate sulla nostra rivista abbiano riguardato le loro storie. Senza nulla togliere, ovviamente, agli erboristi di vecchia data che con passione e competenza continuano a fare il proprio lavoro!