Echinacea, nuove prove di efficacia

Le varie specie di echinacea utilizzate tradizionalmente in medicina sono tutte originarie degli Stati Uniti centrali e sud-occidentali, specialmente delle praterie dal Texas centrale al confine del New Mexico, su fino a Kansas, Nebraska, Colorado, Wyoming e Montana.  Sia E. angustifolia sia E. purpurea sono coltivate massicciamente come piante medicinali negli USA e in Europa (in questo caso soprattutto E. purpurea). Tradizionalmente l’ Echinacea è stata utilizzata dalle tribù Plains come “un rimedio per più malattie di ogni altra pianta”. I Comanches usavano le radici per mal di denti e mal di gola, i Sioux per la rabbia, i morsi di serpente e condizioni di sepsi. Era anche utilizzata per trattare convulsioni, crampi di stomaco, adenopatie, eczema e ulcerazioni.  Il dosaggio tradizionale di E. angustofolia era di 1-3 grammi di radice secca. L’idea di una terapia immunostimolante a base di piante forse non è nata con l’introduzione dell’Echinacea in Europa, ma certamente questa pianta è quella che ha stimolato più di ogni altra la ricerca sulle proprietà immunostimolanti o immunomodulanti delle piante. In tempi recenti è infatti stata usata in fitoterapia tradizionale per trattare infezioni di ogni tipo e in particolare per le infezioni croniche, le infezioni della pelle (foruncolosi e acne), e dovunque vi sia una tossicità di base dell’organismo. È importante rilevare che l’echinacea, prima di essere categorizzata come immunostimolante era descritta ai primi del ‘900 come pianta alterativa e depurativa con particolare tropismo verso la pelle. Una indicazione moderna è quella dei problemi di gola come tonsilliti, faringiti e laringiti, dove è stata utilizzata anche come collutorio. Negli anni, i meccanismi d’azione della pianta sono stati studiati, anche se non è ancora possibile dire con esattezza quali essi siano e quali composti siano più importanti.