Il ginseng americano (Panax quinquefolius, famiglia delle Araliaceae), o eleuterococco, è una pianta perenne con piccoli fiori gialli o rosa e bacche rosse che cresce nel nord-est dell’America. Spesso confusa con il ginseng asiatico (Panax ginseng), la sua radice è utilizzata per scopi curativi in diverse culture tradizionali. I ginsenosidi o panaxosidi, delle saponine triterpeniche, sono ritenuti responsabili delle sue attività biologiche. La pianta viene utilizzata per contrastare l’astenia, per migliorare le prestazioni atletiche, la forza e la resistenza ma anche le prestazioni cognitive; nella medicina tradizionale cinese è indicata per nutrire lo Yin e l’energia. Studi condotti su un estratto standardizzato di ginseng americano ne hanno riportato i benefici in acuto sullo stato cognitivo. Sulla base di questi dati un più recente studio di follow-up randomizzato e controllato con placebo ha valutato gli effetti acuti e cronici di un estratto di ginseng americano in una popolazione di giovani adulti sani; la ricerca ha cercato inoltre di determinare se il preparato influisce anche sul microbiota intestinale.

La sperimentazione, effettuata presso l’Unità di Psicologia Nutrizionale della Scuola di Psicologia e Scienze Cliniche dell’Università di Reading nel Regno Unito, ha riguardato 61 soggetti in buone condizioni di salute e di età compresa tra i 18 e i 40 anni, non fumatori e non vegetariani. Lo studio è durato due settimane. I partecipanti sono stati suddivisi mediante randomizzazione in un gruppo sperimentale (n = 30) e un gruppo di controllo placebo (n = 31). Completati i test cognitivi di base, i partecipanti hanno assunto o una capsula dell’estratto di eleteurococco standardizzato al 10%-12% in ginsenosidi (200 mg) oppure 1 capsula di maltodestrina, dopodiché i test cognitivi sono stati ripetuti due, quattro e sei ore dopo l’integrazione. La batteria di test comprendeva compiti di attenzione, memoria di lavoro ed episodica e umore.

Durante la seconda visita, a due settimane dalla baseline, sono stati ripetuti i test dell’umore e cognitivi al basale e a due, quattro e sei ore dopo la dose mattutina. È stato inoltre condotto uno studio in vitro per verificare se l’assunzione del ginseng americano influisce in qualche modo sul microbioma intestinale. Nel periodo immediatamente postprandiale, l’accuratezza di alcune prestazioni cognitive (test della rete di attenzione) è migliorata in modo significativo nel gruppo sperimentale rispetto al gruppo placebo (P < 0,001). Non sono stati osservati invece benefici in acuto dell’estratto nell’elaborazione rapida delle informazioni visive e nel block-tapping test di Corsi, un test psicologico che valuta la memoria di lavoro visuo-spaziale a breve termine.

La supplementazione cronica di ginseng americano ha migliorato invece la risposta ad alcuni test cognitivi, la fatica mentale (P = 0,017) e la sicurezza di sé (P = 0,019). Dallo studio in vitro è emerso inoltre un aumento significativo dei livelli di acetato, propionato e butirrato sia nel colon prossimale sia in quello distale (P < 0,05 per tutti), oltre a un incremento di Akkermansia muciniphila (P = 0,002) e Lactobacillus (P = 0,066), specie batteriche note per i potenziali benefici sulla salute del microbioma intestinale. Lo studio ha confermato pertanto gli effetti benefici di un estratto di eleuterococco standardizzato in ginsenosidi sulla funzione cognitiva e sull’umore, suggerendo un possibile legame con le modificazioni del microbioma intestinale. Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere il complesso meccanismo d’azione delle piante medicinali, e in particolare del ginseng americano, sulle interazioni metaboliche, microbiche e cognitive, concludono i ricercatori che hanno realizzato questo studio.

Fonte: Bell L, Whyte A, Duysburgh C, et al. A randomized, placebo-controlled trial investigating the acute and chronic benefits of American ginseng (Cereboost®) on mood and cognition in healthy young adults, including in vitro investigation of gut microbiota changes as a possible mechanism of action. Eur J Nutr. February 2022;61(1):413-428. doi: 10.1007/s00394-021-02654-5.