L’acmella (Acmella oleracea, famiglia Asteracee) è una piccola pianta che in pieno sviluppo vegetativo, dopo 3 anni, raggiunge un’altezza massima di 30 cm, dal portamento strisciante o eretto ed è caratterizzata da una rapida crescita. Scoperta per la prima volta in Perù, la si trova nelle regioni tropicali e subtropicali di tutto il mondo. Nota per l’azione analgesica in particolare sul mal di denti, presso il popolo Inca veniva utilizzata, oltre che per sedare il mal di denti, anche per trattare ascessi e ulcere.

I suoi composti bioattivi sono steroli, cumarine, flavonoidi, saponine, terpenoidi, polisaccaridi e, in particolare, alchilammidi, di cui lo spilantolo è considerato il più potente, riscontrato in fiori, foglie e steli, ma anche nelle radici della pianta, che è utilizzata per il trattamento di diversi disturbi in ragione delle sue proprietà antipiretiche, anticonvulsivanti, antidiarroiche, antidiuretiche, antisettiche, antimicotiche, antiprotozoarie e insetticide. Nell’ultimo periodo la domanda della pianta è aumentata a causa dei benefici salutistici che le vengono attribuiti.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze ha da poco pubblicato uno studio che, partendo dall’assenza di metodi per la trasformazione genetica di Acmella, propone un nuovo approccio tecnologico per il miglioramento dei metaboliti secondari.

Il ricorso alle tecniche di ingegneria metabolica – scrivono gli autori della ricerca – ha reso possibile l’introduzione di nuove vie biosintetiche nelle colture medicinali e commerciali, con lo scopo di aumentarne il valore nutrizionale e salutistico aprendo la strada a ulteriori studi per migliorare la crescita delle piante in vitro e la produzione di metaboliti secondari.

 

Fonte: Maggini V, Bettini P, Firenzuoli F, Bogani P. An Efficient Method for the Genetic Transformation of Acmella oleracea L. (Spilanthes acmella Linn.) with Agrobacterium tumefaciensPlants. 2021; 10(2):198.