Il cardo mariano, amico del fegato e non solo

cardo mariano

 

 

 

 

 

 

Nativo della regione mediterranea, il cardo mariano (Silybum marianum (L.) Gaertner, famiglia delle Asteraceae) è una pianta erbacea annuale o biennale che è stata naturalizzata in tutto il mondo. La pianta può crescere fino a un metro e mezzo ed è riconoscibile per i suoi fiori di grandi dimensioni di colore rosa-violaceo. Le foglie sono grandi, lucide, glabre, di colore verde brillante, con chiazze bianche lungo le nervature e con margine spinoso. Le foglie inferiori sono più grandi e provviste di picciolo, mentre quelle superiori sono più piccole e sessili. In molti luoghi, il cardo mariano cresce comunemente lungo le strade e nei luoghi incolti e può essere infestante.

Le foglie del cardo mariano presentano tipiche chiazze bianche lungo le venature: secondo la leggenda da cui deriva il nome della pianta queste macchie sarebbero dovute a gocce del latte di Maria in fuga da Erode verso l’Egitto. Un’altra leggenda le considera il segno identificativo delle sue proprietà galattogene.

Il cardo nei testi antichi

Il medico greco Dioscoride (I secolo d. C.) raccomandava le foglie di cardo mariano per i morsi di serpente e il naturalista romano Plinio il Vecchio, nello stesso periodo, suggeriva invece il succo della pianta, mescolato con miele, per “eliminare gli eccessi di bile”. Questa potrebbe essere la prima citazione degli usi relativi al fegato della pianta.

Nel trattato Physica (XII secolo) l’erborista e mistica tedesca Ildegarda di Bingen indicava gli usi del cardo mariano in caso di dolore “al cuore o in altro punto o nelle membra”. Secondo Mattioli (XVI secolo) i suoi semi hanno proprietà colagoghe e diuretiche, mentre l’erborista inglese Nicholas Culpeper scrive che la pianta è efficace “per aprire le ostruzioni del fegato e della milza, e quindi è buona contro l’ittero”.

Gli usi attuali

I frutti, chiamati impropriamente semi, contengono vari principi attivi, tra cui la silimarina e i suoi isomeri, e sono stati usati tradizionalmente per i disturbi del fegato, nelle emorroidi e nelle emorragie, poiché considerati emostatici, e come galattogogo. Gli estratti del cardo mariano sono stati impiegati a livello sia preventivo sia curativo per proteggere il fegato dalle tossine (alcool, farmaci, metalli pesanti ecc.).

La silimarina – isolata da Wagner, Horammer e Muster negli anni Sessanta – può neutralizzare i radicali liberi dannosi risultanti dal metabolismo di sostanze tossiche e ha dimostrato di poter stimolare la sintesi dei sali biliari, epatoprotettivi, e di modificare la permeabilità della membrana cellulare impedendo alle tossine di penetrare all’interno delle cellule epatiche. Infine, può aumentare la produzione di glutatione, un antiossidante importante per il processo di detossicazione epatica.

La pianta è ben tollerata anche se nei soggetti sensibili può determinare un lieve effetto lassativo; si deve utilizzare con cautela negli ipertesi per la presenza di tiramina.

 

Fonte: American Botanical Council, Adopt-an-Herb program.